I ragazzi de “I Nebrodi” lasciano i loro jeans e le loro minigonne per indossare i costumi di tanti anni fa; agli inizi l’abito del gruppo era composto: per i ragazzi da foulard verde di raso, da un’alta fusciacca verde che fasciava stretti i fianchi su pantaloni e gilet di velluto liscio nero, il tutto abbinato ad una camicia bianca di raso merlettata; per le ragazze da gonne variopinte svolazzanti sui mutandoni di pizzo, abbinate ad un corpetto ricamato su velluto liscio nero e una camicia bianca in raso merlettata.
La preziosa opera di ricerca del Centro Studi folk “M. M. Mancuso” e l’attenta riproduzione curata dalla sartoria Pipi di Palermo, in particolare dal vecchio artista maestro Pipi scomparso qualche anno fa, e titolare di una delle sartorie a conduzione familiare più importanti del meridione d’Italia, ha portato il gruppo oggi all’uso sulla scena di abiti molto più ricercati nei dettagli e nei tessuti, ciò è stato reso possibile anche grazie alla accurata descrizione ed alle stampe rinvenute sui testi del Pitrè e ad altre stampe di proprietà del sig. Pipi stesso gelosamente custodite nell’archivio di casa.
L’abito femminile usato oggi dal gruppo folklorico “I Nebrodi” è una esatta riproduzione del vestito festivo delle ragazze di Cesarò, antico paese montano situato sulle montagne dei Nebrodi, ed è così composto: camicia bianca in cotone scollata allacciata sul davanti, o a girocollo merlettata sui polsini e sul davanti; di una giacchettina di velluto liscio verde o marrone scuro, con bottoni inargentati; corpetto damascato allacciato in avanti, con anelli e ricami argentati; grembiule di lana nera; veste con tessuto tipo albagio a pieghe fitte, pesantissima (poteva raggiungere anche i 9 kg.) e che contrasta con la delicatezza e leggerezza di tutto il costume; sottogonna merlettata bianca; mutandoni bianchi; scarpe di pelle nera; manto (detto firrijuou termine che deriva dal dialetto Sanfratellano tipico di San Fratello, comune dei Nebrodi, con idioma particolarissimo costituito da un misto di francese, spagnolo, gallico ed altro).
L’abito maschile riproduce il vestito del contadino dei Nebrodi, anch’esso festivo, di quasi tutti i contadini di Sicilia e si compone: di una camicia di tela di casa scollata; panciotto di velluto liscio nero, verde o marrone scuro; giacca di colore verde o marrone scura con calzoni corti, sino al ginocchio, entrambi di stoffa pesante tipo albagio; calzettoni bianchi; scarpe di pelle nera; mantello detto Scappularu di tessuto pesante tipo albagio di colore nero o marrone scuro.
Il gruppo inoltre durante l’esecuzione di una danza detta “ballu d’u Iaddu” ricostruita su musiche tipiche del periodo natalizio e del periodo pasquale, i momenti sacri più importanti della Cristianità ovvero nascita, morte e resurrezione di Gesù Cristo, per mettere in risalto il carattere religioso del pezzo, indossa un costume tipico della confraternita della Madonna Maria S.S. Annunziata, protettrice di Ficarra, che veniva usato molti anni fa durante le processioni e le funzioni religiose. Il costume è composto da una tunica e un cappuccio di colore bianco e da una mantellina che copre le spalle di colore azzurro. Gli abiti delle diverse confraternite si distinguevano appunto dal colore della mantellina, quello usato da “I Nebrodi” è l’azzurro il quale si rifà al colore del manto della protettrice di Ficarra Maria S.S. Annunziata.
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